Codigoro
21 Giugno 2019
La ricostruzione di fantasia del fratello di Riccardo infastidisce cittadini e sindaco. Intanto il baby killer dal carcere scrive agli amici

Delitto di Pontelangorino. Il libro di Vincelli irrita Codigoro, che valuta le vie legali

di Redazione | 3 min

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Codigoro. Passati oltre due anni dall’efferato duplice omicidio e dal caso mediatico che ne seguì, il delitto di Pontelangorino torna ‘in piazza’ – e pure nei rotocalchi televisivi – grazie a ‘Il branco di Icaro’, prima fatica letteraria di Alessandro Vincelli, fratello di Riccardo e figlio di Salvatore, l’uomo trucidato nella sua casa insieme alla moglie Nunzia Di Gianni da Manuel Vincelli, il giovane ingaggiato da Riccardo per sbarazzarsi dei suoi genitori.

E se il libro non si giudica dalla copertina, quantomeno ci si conceda di giudicarlo dalla prefazione, dalla premessa e dalla dichiarazione di esclusione di responsabilità che anticipa il racconto e che mette teoricamente l’autore piemontese al riparo da qualsiasi grana legale. Quelle che sta pensando di impiantare il Comune di Codigoro, che valuterà di costituirsi contro Alessandro Vincelli per difendere l’immagine lesa di Pontelangorino.

A chiederlo a gran voce sono anche i cittadini stessi, i residenti della frazione in cui risiede lo stesso sindaco Alice Zanardi. Indignata, lei come loro, promette di approfondire la questione e assicura di essersi già rivolta ad un legale, dopo aver letto un libro che pur usando nomi di fantasia per persone e luoghi, è chiaramente riconducibile al codigorese. È quanto riporta il quotidiano La Nuova Ferrara, che ha avuto occasione di presenziare ad una serata ‘tra amici’ al bar One di Pontelangorino: presenti il sindaco e alcuni residenti tra cui tanti giovanissimi coetanei dei baby killer.

È probabilmente nel giusto Alessandro Vincelli, che presenta “un’opera di fantasia liberamente ispirata a fatti di cronaca che non segue le ricostruzioni processuali dei predetti fatti. Molti passaggi sono romanzati secondo la sensibilità e l’interpretazione dell’autore e gli eventi qui narrati – si legge prima del primo capitolo – si basano sui racconti del fratello dell’autore e su varie narrazioni delle cronache giornalistiche relative a tematiche riguardanti gli adolescenti”.

Il dubbio di voler speculare sulla vicenda è venuto a tanti, non solo dalle parti di Pontelangorino. Non è una novità che simili fatti di sangue aprano le porte a strascichi ‘commerciali’, ma forse da una analisi sociologica banale come quella di Vincelli (il primo capitolo disponibile online gratuitamente è esemplificativo, la premessa ancor di più, quasi ‘da brividi’) si può facilmente prendere le distanze anche con la noncuranza.

“Molti riferimenti a fatti storici, personaggi o luoghi reali sono da ritenersi casuali e legati ad esigenze di creatività”. E così via di vetuste considerazioni su rivalità tra paesini confinanti, cittadini frustrati vittime della moda pacchiana del momento, padri rissosi che insegnano ai figli ‘a stare al mondo’, macchinoni e slot machine. Per Vincelli (lo dichiara alle telecamere e taccuini che ha evitato per due anni) “questa storia può aprire una finestra su un’intera generazione”. Non lo credono i giovani di Pontelangorino, rammaricati anche perché il web associa il loro amato paesino al delitto. Inevitabile nell’era di Google, come sanno benissimo dalle parti di Erba, Cogne, Garlasco e di Novi Ligure.

E mentre Alessandro si destreggia tra interviste e minacce di querele, Riccardo dal carcere minorile di Treviso scrive ai suoi coetanei e concittadini. Una lettera riportata dal Carlino di Ferrara in cui il giovane mandante dell’omicidio racconta di giornate ‘niente male’, tra attività rieducative, tatuaggi e visite di giovani ragazze. “Ma mi mancate” dice ai giovani di Pontelangorino.

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